Relazione del Segretario Generale Luca Comiti al XIX congresso della CGIL spezzina

MarcoSegreteria

Relazione del Segretario Generale Luca Comiti al XIX congresso della CGIL spezzina

Compagne e compagni
Amiche ed amici
Voglio iniziare la mia relazione proponendovi un’immagine. Un’immagine che risale allo scorso 12 dicembre 2022, giorno dello sciopero in Fincantieri indetto da Fim, Fiom e Uilm. Uno sciopero in tutti gli stabilimenti Fincantieri del Paese, indetto per chiedere più sicurezza sul lavoro, dopo la morte di un lavoratore nel cantiere di Palermo. Erano le sei del mattino a Muggiano, orario di ingresso del primo turno. Faceva molto freddo, c’è stato anche un accenno di nevicata. Fuori con noi c’erano i lavoratori diretti Fincatieri, quelli più tutelati ed anche più sindacalizzati; ed, assieme a loro, i lavoratori delle ditte di appalto. Anche questi ultimi fuori, anche loro volevano scioperare, nonostante subissero le pressioni dei loro datori di lavoro per entrare.
Lavoratori con scarsi diritti, con turni di lavoro massacranti; senza la possibilità di cambiarsi in uno spogliatoio e di farsi una doccia. Spesso stranieri, spesso lontani da casa e dalle loro famiglie. Quel giorno erano fianco a fianco con i loro colleghi lavoratori diretti. Quelli con meno diritti accanto a quelli con più diritti. Assieme, per una causa comune. Per protestare contro l’ennesima morte bianca e per chiedere più sicurezza sul lavoro.
E’ questa l’immagine, compagne e compagni, amiche ed amici; emblematica, che racconta più di tante parole. Che racconta di come deve essere oggi il sindacato. Una organizzazione viva, combattiva, che riesce a mettere assieme, ad unire i lavoratori, anche di condizioni diverse; soprattutto di condizioni diverse.
Si chiama solidarietà. E’, al contempo, un valore fondamentale, uno strumento di lotta, che ci da forza per affrontare ogni sfida, ed un risultato a cui tendere. Oggi, nella frammentazione così capillare della società e del mondo del lavoro, un elemento da perseguire con determinazione. Quei lavoratori uniti di fronte ai cancelli di Fincantieri sono un esempio di cui fare tesoro ed uno stimolo da portare avanti con tutte le nostre forze.
E lo facciamo, lo abbiamo fatto e lo faremo. Abbiamo aperto una grande vertenza sul territorio contro il capolarato, una piaga diffusa anche nel nostro territorio, anche nei cantieri dei marchi del lusso, una delle filiere più prestigiose e più produttive che abbiamo. Una battaglia che ha portato alla firma di importanti protocolli, ma che non è finita.
Una battaglia che vive nei posti di lavoro ogni giorno, basata proprio sulla crescita e sull’allargamento dei diritti per tutti. I lavoratori che lavorano fianco a fianco non devono più avere contratti di lavoro e diritti differenti, ma gli stessi. Stessi contratti e stessi diritti, per lavoratori diretti e per gli appalti. Sono necessari più controlli anche attraverso l’implementazione degli organici degli organi ispettivi preposti e più assunzioni di responsabilità, a partire dalle aziende appaltanti. Sono necessari percorsi di formazione continui, per informare i lavoratori dei loro diritti e renderli esigibili; per la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro. Estendere i diritti per tutti. Uniti, assieme. Il protocollo siglato con la Prefettura e Confindustria è un primo passo, ma non basta. Per noi è solo l’inizio di un percorso.
Le nostre battaglie, la nostra identità

Compagne e compagni
amiche ed amici
Noi vogliamo essere un sindacato di strada per affermare i diritti della persona nei luoghi di lavoro e nel territorio.
La costante ricerca del dialogo tra diversi, l’invito alla fratellanza e del prendersi cura degli altri sono la condizione per realizzare, qui ed ora, quella rivoluzione culturale e quella trasformazione sociale di cui avvertiamo il bisogno per dare un futuro al nostro pianeta.
Un cambiamento profondo, fondato su un diverso rapporto tra uomo e natura, su un nuovo umanesimo, non sulla logica del mercato e del profitto, ma sul superamento dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Ci muove la volontà comune di essere costruttori di Pace e mettere fine a una guerra, causata dalla grave invasione russa, di cui la prima vittima è il popolo ucraino. Un conflitto armato che torna nel cuore dell’Europa e che si aggiunge a quelli in corso da tempo in Africa, Medio Oriente e America Latina dimenticati, troppo spesso, dall’opinione pubblica. Dall’inizio di questo drammatico conflitto, si rincorrono dichiarazioni e minacce di ricorso all’arma nucleare e quando c’è il rischio di superare questo limite non ci sono guerre giuste o sbagliate, perché è in gioco il futuro della vita sul pianeta.
E’ il momento di investire sulla pace, sulla diplomazia e sulla qualità della vita. È il momento che tutti si adoperino per far tacere le armi, per un cessate il fuoco finalizzato a conquistare un negoziato.

E’ il momento che la comunità internazionale, nelle sue massime istanze, adoperi ogni tipo di lecita pressione sull’oligarchia religiosa che governa l’Iran e che sta reprimendo con il sangue il movimento delle cittadine e dei cittadini iraniani che chiedono più democrazia, libertà e giustizia. Un movimento nato dalle donne, per l’autodeterminazione delle donne, che le donne pagano con il sangue, ma che ora si è esteso in tutti gli strati della società iraniana. E’ necessario un intervento autorevole e fermo della comunità internazionale. Le esecuzioni a morte da parte del regime iraniano rappresentano una gravissima violazione dei diritti umani e delle norme internazionali. Ribadiamo la nostra vicinanza alle donne, agli attivisti, ai sindacalisti, ai giornalisti e alla società civile, che chiedono pacificamente libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani. E chiediamo al Governo italiano e a tutte le istituzioni internazionali e ai paesi democratici, di rafforzare il proprio impegno e di condannare con forza il sanguinario regime iraniano, attuando ulteriori sanzioni.

E’ il momento di essere a fianco delle donne afghane, troppo spesso dimenticate, vittime dell’ennesima violenza dei Talebani: la decisione, da parte del governo afghano, di espellere le donne dagli studi universitari. I diritti alla cultura ed all’istruzione sono diritti fondamentali che devono essere garantiti. Impedirli significa calpestare la dignità e l’autodeterminazione delle donne. Questo provvedimento è solo l’ultimo di un “pacchetto” volto a ridurre le donne afghane in un perenne stato di sottomissione all’integralismo religioso ed alla sottocultura patriarcale, senza la possibilità di costruirsi un futuro. Anche qui, è necessario uno scatto della comunità internazionale per contrastare questo scempio e supportare la lotta delle donne afghane per la libertà.

Guerre, crisi ambientale, carestie, ingiustizie sociali colpiscono in primo luogo i Paesi più poveri, costringendo tante persone a lasciare le proprie terre. Fuggono sperando in un futuro migliore. Noi, come CGIL, insieme a tante associazioni, abbiamo portato aiuti – medicinali e viveri – e abbiamo contribuito a dare vita ai corridoi umanitari in Ucraina per aiutare tante persone a fuggire da quella guerra.
Noi non guardiamo il colore della pelle, la forma degli occhi di donne, uomini, bambini che fuggono dalla violenza e dalla fame del mondo. L’accoglienza e la solidarietà cerchiamo di praticarla quotidianamente con le nostre azioni, con aiuti concreti a sostegno delle persone fragili per renderle protagoniste del cambiamento della loro condizione.
Noi siamo con i migranti, siamo con gli ultimi con le loro sofferenze e con il loro legittimo desiderio ad una vita migliore. Dobbiamo riscoprire la capacità di immedesimarci nelle sofferenze dell’altro. Nei mondi e nelle culture diversi dalle nostre.
E lo diciamo con forza: siamo grati alle ONG per quello che stanno facendo, per tutte le vite umane che stanno salvando nel Mediterraneo. Basta con la criminalizzazione delle ONG!
Abbandonare i profughi in mare al proprio destino: questo è il senso del nuovo decreto approvato dal Governo, con norme studiate per colpire le organizzazioni impegnate a salvare vite nel Mediterraneo.
Un decreto che, come denuncia EMERGENCY, limita l’operatività delle navi umanitarie e riduce drasticamente le possibilità di salvare vite in mare, inserendo paletti assurdi e sanzioni vessatorie nel confronti di comandanti e armatori.

In un Paese come l’Italia, dove calano le nascite ed aumentano gli anziani, in cui ogni anno sono di più i giovani italiani costretti ad andare all’estero a lavorare che i migranti che si fermano nel nostro paese, non è vero che gli stranieri ci rubano il lavoro. Solidarietà ed accoglienza sono necessarie tanto più oggi, quando crescono le disuguaglianze basate, certo, sul reddito e sulle quantità di ricchezza; ma anche sulla qualità della vita, sull’accessibilità alle risorse naturali, terra, cibo, acqua, sulla possibilità di difendersi dai disastri ambientali.
Il lavoro, inteso come realizzazione e dignità della persona, è stato svalorizzato dall’attuale modello economico e sociale tanto che si è poveri anche lavorando. La stessa rivoluzione tecnologica in atto potrebbe offrire migliori condizioni di vita e di lavoro investendo sull’intelligenza e l’autonomia dei lavoratori. Invece si stanno creando nuove divisioni tra chi concentra sapere e conoscenza e chi – la maggioranza – svolge funzioni e mansioni ripetitive ed alienanti. Occorre governare questi processi.

C’è ancora troppo lavoro precario, caporalato, lavoro nero, sfruttamento ed una disoccupazione che cresce per giovani e donne, in particolare nel Mezzogiorno del Paese. Così si calpestano i diritti e la dignità di intere generazioni e la precarietà diventa un eterno presente. Si mortifica la speranza nel futuro perché si impedisce la costruzione di progetti di vita. Si riducono gli spazi di partecipazione democratica alla vita del Paese ed aumentano le infiltrazioni della criminalità organizzata e la corruzione, danneggiando le donne e gli uomini che vivono e lavorano onestamente e l’economia sana dei territori.
Ed ancora nell’anno 2022 si continua a morire sul lavoro. Sono più di 1.000 le persone morte nel 2022. Ogni giorno tre persone che vanno a lavorare non rientrano più a casa la sera. Questa è una vera e propria strage che va fermata. Rimettere al centro il lavoro per costruire un nuovo modello sociale ed economico, in cui sia garantito un lavoro dignitoso, una giusta retribuzione, la libertà di espressione, la sicurezza e il riposo, le pari opportunità tra uomo e donna, l’informazione e la partecipazione alle scelte dell’impresa. Sul territorio abbiamo firmato un importante protocollo per le vittime e per i famigliari di infortuni sul lavoro. Un protocollo innovativo. Così come stiamo tentando di lavorare su un protocollo sulla sicurezza per i percorsi di PCTO. Sarebbe il primo in Italia.
Esprimiamo tutto il nostro sdegno per la negazione del giusto risarcimento alla famiglia di Giuliano De Seta, morto a 18 anni durante l’alternanza scuola lavoro. Una autentica vergogna italiana. L’alternanza scuola lavoro deve essere un vero percorso formativo, non motivo di sfruttamento; e tanto meno rappresentare un pericolo per le ragazze ed i ragazzi.

È centrale conquistare il diritto all’istruzione e alla formazione permanente, durante tutto l’arco della vita, non solo per l’aggiornamento professionale, ma perché l’accesso alla cultura e alla conoscenza è un elemento fondamentale per la libertà e l’autonomia delle persone, per estendere e migliorare la qualità stessa della democrazia e della partecipazione. Centralità, quindi, della persona, la sua predominanza sull’economia, sul mercato, sul profitto sono i presupposti irrinunciabili di uno sviluppo diverso.
Non un lavoro qualunque esso sia, ma stabile. Proponiamo un’idea dell’impresa in cui tutti i soggetti possono essere protagonisti attivi ed in cui prevale la responsabilità sociale. È il momento di ridistribuire al lavoro la ricchezza che produce, di tassare la rendita finanziaria e di colpire la speculazione.

Dobbiamo assumere la questione di genere come prioritaria anche nella nostra organizzazione. Dobbiamo combattere la sottocultura patriarcale che si annida ancora tra di noi. E non è solo una questione di pari opportunità e di quote, pur importante. Ma scardinare linguaggi ed atteggiamenti, pratiche consolidate che trasportano la discriminazione di genere. C’è bisogno di formazione e di contrattazione di genere, a partire dal diritto a ottenere e svolgere un lavoro stabile, adeguatamente retribuito e tutelato: l’autonomia economica, infatti, è lo strumento basilare per le donne per esercitare la propria libertà e il diritto di scelta, quando si trovano ingabbiate all’interno di un rapporto violento o di una relazione abusante.
La contrattazione che si occupa di fornire tutele e rispondere alle esigenze delle lavoratrici deve essere un patrimonio di tutta la nostra organizzazione e deve avere una sua dignità nelle piattaforme rivendicative a tutti i livelli, anche al fine di promuovere accordi territoriali, protocolli e tavoli permanenti. Qui sul territorio stiamo cercando di attivare un tavolo di confronto con la Consigliera delle Pari Opportunità. Nella maggior parte dei contratti nazionali sono state inserite misure specifiche per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere e in numerosi accordi aziendali e territoriali sono state recepite le intese sottoscritte da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil e da altre associazioni datoriali; servono ovunque accordi specifici, procedure di gestione e regolamenti che garantiscano l’anonimato e la tutela della dignità lavorativa della donna vittima di violenza e molestie, anche con la collaborazione dei Centri Antiviolenza.

Dobbiamo lottare e contrattare anche per i diritti della comunità LGBTQIA+. Aprirci a quelle istanze, ascoltare, capire. Come Cgil spezzina abbiamo partecipato al Pride di giugno 2022 ed è stata un’esperienza bellissima. Vedere così tanti ragazze e ragazzi in piazza per chiedere più diritti per tutte e tutti ci ha davvero scaldato il cuore. E ci ha posto nuovi interrogativi, nuovi percorsi di vicinanza e di integrazione. Nuove possibilità di crescita e di conoscenza. Da cogliere al volo. Con umiltà e partecipazione. Dobbiamo essere un sindacato orizzontale, permeabile a queste nuove istanze.
La nostra battaglia è per un Paese nuovo, un Paese diverso, fondato sulla giustizia sociale e sulla possibilità per tutte le persone che di realizzarsi in ciò che sono e che fanno.

Manovra e governo
La manovra del governo Meloni non affronta i problemi del Paese. La gente non arriva alla fine del mese, i salari sono tra i più bassi d’Europa, i livelli di precarietà sono altissimi. I giovani sono costretti ad andarsene dall’Italia e siamo in presenza di un’evasione fiscale che è la più alta d’Europa.
Noi stiamo chiedendo di ridurre la tassazione sul lavoro dipendente e di cancellare di nuovo i voucher. La cancellazione dei voucher è stata il frutto di una grande battaglia della Cgil che ha raccolto più di un milione di firme, il loro ripristino è uno schiaffo in faccia al sindacato ed ai precari. E continuiamo a chiedere investimenti sulla sanità, sulla scuola, sulla pubblica amministrazione per creare lavoro.
Mentre tra caro energia e inflazione la maggior parte degli italiani fa sempre più fatica, mentre tra bassi salari e precarietà anche chi lavora troppo spesso si ritrova povero, mentre Istat ed Eurostat accertano che nel nostro Paese ci sono quasi sei milioni di donne e uomini sotto la soglia di povertà, e un italiano su quattro rischia di finire sotto questa soglia, la manovra redistribuisce risorse al contrario.
Si taglia il reddito di cittadinanza, si tagliano le pensioni, si tagliano servizi di welfare; e, contemporaneamente, si tagliano le tasse ai lavoratori autonomi, si concedono condoni a chi le tasse non le ha pagate e s’incentiva la non tracciabilità dei pagamenti, con tutto quel che ne consegue in termini di evasione e di lavoro nero e grigio.
Il disegno di legge di bilancio 2023 colpisce i più poveri, accresce anziché contrastare la precarietà, non riduce il divario di genere, premia gli evasori e aumenta l’iniquità del sistema fiscale con le flat tax.
La manovra non interviene strutturalmente sulla pandemia salariale che sta impoverendo tutte le persone che per vivere devono poter lavorare dignitosamente, riduce le risorse per la sanità, la scuola e il trasporto pubblico, non stanzia adeguate risorse per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici né per l’occupazione pubblica e privata. La manovra non modifica la legge Fornero e cambia senza alcun confronto preventivo il meccanismo d’indicizzazione delle pensioni in essere.
Quali sono i benefici contenuti nella manovra e a chi vanno è presto detto. Ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti con reddito fino a 35 mila euro niente di più di quel che aveva già provveduto a fare il Governo Draghi: due punti di cuneo fiscale. A quelli che arrivano ai 20 mila euro viene dato un punto in più, che corrisponde a poche decine di euro l’anno. Noi continuamo a chiedere per tutte e tutti cinque punti di cuneo, richiesta rimasta inevasa.
Per i titolari di partita Iva fino agli 85 mila euro di ricavi si verserà una tassa piatta del 15%. Nel Paese da 100 miliardi di evasione l’anno, che detiene il primato europeo di mancato versamento dell’Iva, in cui mancano all’appello ben 26,2 miliardi, con la scusa che per l’Agenzia delle entrate riscuotere i crediti sarebbe più dispendioso, c’è la cancellazione delle cartelle esattoriali emesse dal 2000 al 2015 fino a 1.000 euro, mentre per quelle d’importo superiore ci sarà un grande sconto su more e sanzioni. Ancora la politica dei condoni che premia furbetti ed evasori.
Le multinazionali del farmaco e dell’energia negli ultimi tre anni hanno realizzato ricavi enormi. C’è stata e c’è la pandemia, e servono farmaci e vaccini. Il prezzo del gas e dell’energia è aumentato e mentre lavoratori e pensionati fanno i conti con bollette alle stelle e inflazione mai così alta dagli anni Settanta, quando però c’era la scala mobile ad assicurare la tenuta dei salari, loro si sono arricchite.
Noi come Cgil proponiamo invece nessun condono, lotta senza quartiere all’evasione fiscale e riduzione delle imposte ai contribuenti onesti, a partire da lavoratori e pensionati, attraverso il gettito recuperato. Questo è quello che un governo dovrebbe fare.
Occorrono misure strutturali per aumentare le buste paga dei lavoratori con redditi medi e bassi; la decontribuzione deve essere portata fino al 5% incrementando il netto annuo di una mensilità; le detrazioni devono seguire l’andamento dell’inflazione con un meccanismo automatico per preservare il potere d’acquisto di salari e pensioni.
Ed imposizione vera sugli extra profitti, che costringa le imprese che si sono arricchite nella crisi a restituire alla collettività.

La difficile emergenza economica e sociale che stiamo attraversando può essere superata solo mettendo in atto ogni intervento necessario a ridurre le inaccettabili diseguaglianze già esistenti e i divari territoriali sempre più ampi. Il riconoscimento dell’autonomia differenziata va, invece, in direzione opposta. Non possiamo che essere contrari ad ogni ipotesi di riconoscimento di autonomia che comporti una differenziazione della esigibilità dei diritti e del rispetto dei principi fondamentali, che cristallizzi i divari esistenti, redistribuendo le risorse non in base alle necessità (LEP)di un territorio, ma in base, addirittura, alla spesa storica, che disarticoli l’unità del sistema di istruzione.
Non è questo il tempo di procedere con riforme dell’architettura istituzionale della Repubblica che accrescono la frammentazione dei diritti civili e sociali dei cittadini. E’ il tempo, invece, di dare piena attuazione ai principi fondamentali della Costituzione, garantendo la sostanziale uguaglianza dei cittadini in ogni regione italiana.

Compagne e compagni
amiche ed amici
L’esecutivo Meloni ha avuto la maggioranza dei voti e potrà anche durare cinque anni, ma in queste elezioni ha ottenuto 12 milioni di voti, mentre 15 milioni di italiani hanno votato altri partiti e ben 18 milioni si sono astenuti. L’idea che il governo, da solo, sia in grado di rappresentare il Paese, non è vera.

C’è da dire anche che la sintonia tra le classi popolari e la sinistra si è incrinata da molto tempo e in tutti i nostri congressi di categoria questo è emerso prepotentemente , ed il risultato del 25 settembre ne è la rappresentazione plastica. Una connessione emotiva ed un tessuto connettivo che sono entrati in crisi quando la sinistra storica ha iniziato a rinunciare a rappresentare le istanze del lavoro ed ha scelto la subalternità culturale al neo liberismo. Tutti ci ricordiamo le analisi entusiaste sulle opportunità della globalizzazione. Ed in poco tempo siamo arrivati al job act.
C’è da ricostruire, compagne e compagni, ripartendo dal basso, dai posti di lavoro, dai quartieri, dal corpo vivo della società. Riunire e ricostruire. Per una società diversa, che superi il paradigma liberista e rimetta al centro il lavoro e l’umanità. Guardiamo con rispetto al dibattito che sta attraversando la sinistra di questo Paese, anche se ci pare che verta poco sui contenuti politici e programmatici e molto sulla conservazione dei gruppi dirigenti. Un confronto senza respiro e profondità sarebbe solo l’ennesimo errore, e ci auguriamo che non accada. Da parte nostra possiamo fornire un contributo di idee e progetti che, mi auguro, possano essere presi in considerazione.

Se, da un lato, l’azione di questo governo in materia economica rivela la sua natura ultra liberista, sul versante dei diritti disvela la sua essenza di estrema destra. Proprio mentre Giorgia Meloni si insediava a Palazzo Chigi, la polizia prendeva a manganellate gli studenti che contestavano pacificamente un convegno organizzato da esponenti di destra all’interno dell’Università di Roma La Sapienza. Vietato contestare.
Il governo non interviene sul raduno dei nostalgici del Duce a Predappio e introduce un nuovo reato, quello di invasioni di terreni, un reato penale che può costare anche sei anni di carcere. Varato per impedire i rave party, potrebbe essere applicato in molte altre occasioni. Hanno usato il pretesto del contrasto ai rave per inserire norme con pene pesantissime che potranno essere utilizzate in ben altri contesti. Una decisione rischiosa e pericolosa, che avvelena ulteriormente il clima sociale e politico del Paese.
E che dire delle rievocazioni della nascita del MSI, formazione politica diretta erede del fascismo e della Repubblica di Salò? Non fanno neanche finta, rivendicano quella storia e quella tradizione con orgoglio.
Giorgia Meloni ha detto più volte che non toccherà la legge sull’interruzione di gravidanza. Per fortuna, ci viene da dire. Ma constatiamo che sono molte le Regioni in cui la 194 è messa in discussione di fatto, anche a causa di medici obiettori nelle strutture pubbliche. Chiunque si occupi di queste materie sa che il potere pubblico non vigila a sufficienza perché nelle strutture pubbliche sia garantito il servizio. In questo modo il diritto all’aborto viene messo in discussione in modo molto pesante.
I diritti civili e diritti sociali non possano essere visti come due dimensioni separate, tanto meno gerarchizzate, e di fronte a tutto questo occorre una opposizione molto forte. Non dobbiamo abbassare la guardia.

Una opposizione intransigente anche verso i rigurgiti di fascismo che purtroppo si manifestano anche nel nostro territorio, penso al gravissimo episodio, l’ultimo di una lunga lista, del tentato assalto al Circolo Arci del Canaletto, un presidio di democrazia e socialità, fondamentale punto di riferimento per il quartiere e la città. Vecchi e nuovi fascisti che si sentono protetti, impunti, grazie al nuovo clima politico del Paese.
Il nostro antifascismo deve vivere ogni giorno nelle nostre parole e nelle nostre azioni, con le armi del dialogo, per difendere e rilanciare la nostra Costituzione nata dalla Resistenza. Recupero della memoria e della storia, quindi, ma anche azione culturale e sociale quotidiana, perché il fascismo si innesta subdolamente nelle contraddizioni sociali, colpisce i ceti più poveri, ed è da questo che dobbiamo ripartire. Dai posti di lavoro, di studio, di socialità.

Territorio
Compagne e compagni
Amici ed amiche
il 2022 è stato per la Cgil spezzina molto intenso. Abbiamo organizzato manifestazioni, scioperi ed assemblee pubbliche, affrontando i temi del lavoro, delle disuguaglianze, della sanità, della scuola, dell’ambiente, del modello di sviluppo. Un dibattito di alto livello, ma sopratutto bisogna sottolineare la partecipazione alle nostre iniziative di importanti pezzi di società organizzata, associazioni che hanno portato il loro contributo e con le quali è iniziato e si è consolidato un percorso di collaborazione proficuo. Tra pochi giorni sottoscriveremo l’ accordo di collaborazione e confronto con queste associazioni, che ci impegnerà in un percorso comune di propose ed azioni sui temi dell’uguaglianza, dell’ambiente, dei diritti, della pace.
Abbiamo parlato con molti giovani, che ci hanno regalato il loro punto di vista, il loro sguardo sul mondo, spesso interrogandoci con parole nuove, obbligandoci ad una seria riflessione anche su di noi, sul nostro sindacato, a partire dai nostri linguaggi e dai nostri codici. Abbiamo capito che per crescere e migliorare dobbiamo innovarci, dobbiamo essere aperti, permeabili ed inclusivi.
Abbiamo portato avanti un’esperienza intensa, emozionante: siamo andati nelle scuole del territorio a parlare di sicurezza sul lavoro e di diritti. Di sindacato. Abbiamo discusso con gli studenti, e toccato con mano quanto sia forte il bisogno delle ragazze e dei ragazzi di esprimersi, contare, prendere in mano il loro futuro. Un’esperienza che ci ha fatto crescere, come sindacaliste e sindacalisti e come donne e uomini. Come CGIL siamo promotori e parte attiva di un progetto sui patti educativi insieme ad associazioni del territorio e al Forum delle disuguaglianze contro la dispersione e per il recupero scolastico. Abbiamo però ancora tanto lavoro su questo fronte da svolgere per coinvolgere e rendere partecipi le giovani generazioni. Condivido l’idea del nostro segretario regionale Maurizio Calà di lavorare su una scuola di formazione politico/sindacale per i gruppi dirigenti ed in particolare per i giovani.

Abbiamo organizzato, assieme alla Fiom e con la fondamentale collaborazione del CPIA e del suo Dirigente scolastico, corsi di italiano per stranieri. Anche qui, abbiamo conosciuto altri mondi, altri linguaggi, altri bisogni. Ci siamo confrontati, messi in discussione con quelle donne e quegli uomini. Ed il fatto che, grazie a quei corsi, quelle donne e quegli uomini abbiano migliorato le proprie condizioni di vita e di lavoro ci rende orgogliosi.

Abbiamo sfatato, tramite una denuncia pubblica che ha avuto una notevole eco mediatica, l’odioso slogan che i giovani non hanno voglia di lavorare perché preferiscono stare a casa con il reddito di cittadinanza; dati alla mano, abbiamo dimostrato che la maggior parte di coloro che usufruiscono del reddito di cittadinanza non possono lavorare perché inabili ed il problema risiede invece nello sfruttamento sistematico che dilaga nel settore turistico, in cui abbiamo visto di tutto: contratti a tre ore settimanali, falsi part time, lavoro nero. Si applichino i contratti nazionali, si faccia formazione ed i giovani potranno trovare una collocazione soddisfacente e qualificata nel settore turistico. Paghe giuste e diritti applicati, questa è la strada.
Il turismo si consolida come uno degli asset strategici di sviluppo del nostro territorio, ma assieme allo sviluppo deve portare con se occupazione di qualità e diritti e superare la giungla selvaggia del mercato degli affittacamere. Non possiamo che essere fortemente contrari alla reintroduzione dei voucher, strumento dannoso per il comparto del turismo e del lavoro domestico. I voucher incentivano il lavoro irregolare, nascondono il nero e non riducono la precarietà così come dimostrato in tanti anni di utilizzo e sfruttamento; ma, soprattutto, non è la loro assenza che ha determinato una diminuzione di personale, ma condizioni di lavoro e di salario che continuano a peggiorare e non sono più accettabili.
La volontà di estenderne l’utilizzo ha solo il rischio di produrre un effetto sostitutivo: dal lavoro contrattualizzato – dove sono già presenti strumenti di flessibilità e contratti stagionali comunque ancorati alla disciplina dei Contratti Nazionali di Lavoro – ad un lavoro precario sotto il profilo dei diritti, delle tutele, del salario e dei contributi previdenziali.

Il settore del turismo ha bisogno di politiche e piani di sviluppo lungimiranti, non di un ritorno al passato che alimenta l’illegalità e abusa di una flessibilità negativa. Formazione professionale, assunzioni stabili e buona occupazione: interventi per favorire un lavoro regolare, dignitoso e sicuro mettendo insieme tutte le forze coinvolte per poter tornare a rilanciare la nostra economia e ridare slancio al territorio ed al Paese.
Dobbiamo aprire un tavolo territoriale di confronto sul turismo alla Spezia nel quale le OO.SS devono essere protagoniste insieme a tutti gli altri attori, in cui si possa discutere della gestione dei flussi turistici, specialmente in territori fragili come le Cinque Terre, di marketing territoriale, di formazione continua, di destagionalizzazione e di occupazione di qualità, dell’utilizzo dei ricavi generati dalla tassa i soggiorno dell’applicazione dei contratti nazionali e la lotta ai falsi part time e e al lavoro nero, fenomeni che purtroppo sono all’ordine del giorno nel settore.
Nel 2022 c’è stata la nostra festa, Avanti Pop. Dopo due anni di pausa forzata siamo ritornati tra la gente, una due giorni bellissima nel mese di giugno, con dibattiti molto interessanti ed una proposta musicale di qualità. C’è stato un ottimo ritorno di pubblico, un gradimento diffuso per la qualità dell’offerta culturale, e questo va a merito di tutte le compagne ed i compagni che si sono spesi per organizzarla e per farla funzionare. E’ stato bello lavorare fianco a fianco, ridere e scherzare, momenti di fratellanza e di unità che ci mancavano e che ci hanno scaldato il cuore e consolidato il nostro spirito di gruppo. Un appuntamento che dobbiamo strutturare e rendere fisso nel tempo: Avanti Pop deve diventare la festa delle lavoratrici e dei lavoratori spezzini, aperta a tutte le realtà associative. Un appuntamento irrinunciabile per il territorio.

Sulla sanità che vogliamo ci siamo interrogati nelle due assemblee tematiche nel giugno scorso. Oggi siamo ancora alle prese con le battaglie che sempre ci hanno visto in prima fila, contro la privatizzazione della nostra sanità. Tutto quello che sta accadendo va in questa direzione. Pensiamo alla costruzione del nuovo ospedale, in cui è prevista la quota di project financing che graverà poi a carico della nostra ASL, 16 milioni all’anno per 30 anni ai privati, con il rischio reale di contrazione dei servizi sanitari. Pensiamo alla vicenda delle pediatrie sotto il controllo del Gaslini, di cui non si mette in dubbio l’eccellenza clinica, ma il modello ancora una volta privatistico della gestione, senza contare le ricadute organizzative.
Pensiamo alla carenza di personale, che crea disservizi e liste di attesa infinite, costringendo migliaia di pazienti a rivolgersi a strutture private, spesso fuori regione. Pensiamo alla contrazione dei medici di famiglia, da settembre si è passati da 1500 a 1800 pazienti per medico. Nel PNNR non ci sono risorse per nuove assunzioni, e senza assunzioni molti servizi ricadranno sulle strutture private. Noi chiediamo invece da mesi un piano di assunzioni straordinario, che riequilibri gli addetti della sanità spezzina, maglia nera della Liguria, nei confronti delle altre Asl liguri. Anche la costruzione delle Case di comunità o ospedali di comunità rischiano di essere un regalo al privato in questo contesto. La sanità deve diventare la vertenza della provincia. Basta far finta di nulla per interessi diversi.
C’è stata e c’è la vertenza OSS. Dura, lunga e difficile, che ha avuto grande ricaduta mediatica. Passi avanti ne sono stati fatti, grazie sopratutto alla tenacia ed al coraggio delle lavoratrici, ma non è finita qui. Non ci fermeremo sino a quando tutte le lavoratrici troveranno un’occupazione stabile. La responsabilità di questa situazione è politica!!!!

Ci sono i grandi temi che ci vedono impegnati, come quello sull’Area Enel, che noi insistiamo affinché diventi un polo industriale innovativo e sostenibile nel prossimo futuro. Il tavolo sull’area Enel, da noi richiesto più volte, tra Enel, Regione, Comune della Spezia e Comune di Arcola deve vedere i sindacati come parte integrante e deve coinvolgere anche i ministeri competenti. Vogliamo conoscere il piano industriale di Enel per l’area, a partire dalla salvaguardia dei posti di lavoro attuali, ormai irrisori, e per l’occupazione futura di qualità che dia prospettive alle giovani generazioni. Ad oggi non conosciamo i dettagli del progetto ambientalmente sostenibile dell’Azienda su quell’area. Ribadiamo l’utilità di costituire il tavolo di confronto ed al più presto, nell’interesse del territorio spezzino in tutte le sue articolazioni.
C’è il tema della salvaguardia e del rilancio del nostro tessuto industriale. Lo abbiamo detto più volte, no allo spacchettamento di Leonardo Ex Oto Melara e governance italiana, c’è in gioco il futuro dell’industria del nostro territorio e del suo indotto. Occorrono politiche industriali serie che nel nostro paese mancano da anni.
Andremo avanti con la vertenza per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori degli appalti, a partire da quelli di Fincantieri. Basta con condizioni di lavoro ottocentesche, senza sicurezze e tutele, basta con lo sfruttamento intensivo; servono tutele e diritti per i lavoratori immigrati stranieri ed italiani.
Negli ultimi cambi appalto, sopratutto quelli pubblici come Iren e Atc, abbiamo verificato una drastica riduzione delle ore che mette in discussione l’occupazione. Addirittura lavoratici obbligate a licenziarsi perché rimaste con un monte ore insufficiente. Dobbiamo contrastare con forza queste politiche al massimo ribasso, pretendendo l’applicazione della clausola sociale nei cambi appalto ed il mantenimento del medesimo monte ore precedente. Ed invece il governo ha modificato in peggio il codice degli appalti, sdoganando appalti e subappalti al massimo ribasso e l’affidamento diretto.
Il futuro della città e del suo territorio passerà anche attraverso il rilancio della Base Navale e la riappropriazione delle aree militari ora inutilizzate o sotto utilizzate. Servono nuovi investimenti e nuove assunzioni , non possiamo accettare una politica di appalti esterni al ribasso all’interno della base. E siamo favorevoli al polo formativo all’interno di quegli spazi, ma non basta: le aree possono essere utilizzate per insediamenti industriali innovativi ed ambientalmente sostenibili, centri di ricerca e turismo.
La situazione del nostro porto è positiva, anche se i traffici sono diminuiti del 9% a causa di contingenze internazionali. Molti progetti stanno andando avanti, con significativi investimenti anche sulla formazione del personale, occorre procedere sulla strada dell’integrazione con la città e penso ai progetti innovativi sulle comunità energetiche sui quali si sta lavorando. E bisognerà sempre continuare a tenere la massima attenzione sulla sicurezza sul lavoro. Tragedie come la morte del portuale finito in acqua con l’auto non devono più accadere.
Con l’Outlet di Brugnato abbiamo sottoscritto un accordo di contrattazione inclusiva per tutti i lavoratori afferenti a ccnl diversi come multiservizi, commercio, vigilanza; un accordo che prevede non solo miglioramenti economici e rispetto dei contratti collettivi sia per i diretti che per gli appalti, ma anche la possibilità di assistenza psicologica per le violenze di genere.
Dobbiamo difendere il piccolo commercio, il commercio di prossimità, che in molte parti del territorio, specialmente nei piccoli centri, svolge un ruolo di vero e proprio presidio sociale. Siamo contrari ad aperture di nuovi grandi centri commerciali, in un mercato ormai saturo ed in un territorio ad alta concentrazione di anziani. Laddove i progetti sono già avviati, come per il nuovo Brico dell’area ex Sio, vigileremo sul rispetto dei contratti nazionali e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Siamo per i rilancio della piana di Marinella. Crediamo, però, sia necessario realizzare con il Comune di Sarzana un accordo di contrattazione di anticipo per la riqualificazione dell’ex Colonia Olivetti e del progetto Pinqua per tutelare l’occupazione territoriale, il rispetto dei CCNL e combattere le infiltrazioni malavitose; così come siamo per la salvaguardia ed il rilancio del comparto del biologico dell’Alta Val Di Vara.
La contrattazione sociale, portata avanti dallo Spi Cgil, continua. Un confronto virtuoso con le amministrazioni locali per costruire un percorso innovativo che possa dare risposte ai vecchi e nuovi bisogni, aprendo la strada anche ad un nuovo modello di relazioni che veda la partecipazione attiva delle parti sociali come soggetti portatori di nuova progettualità a una programmazione condivisa. Non meri uditori, come accade molte volte, dei bilanci dei comuni quando le scelte sono già state fatte.
I temi della contrattazione sociale riguardano la costituzione di un osservatorio sulle fragilità e nuove povertà; strumenti contro la povertà come bonus energetico ed agevolazioni fiscali per addizionale Irpef, Tari, Imu; emergenza abitativa; spesa sociale e molto altro.
In questo quadro, è fondamentale il monitoraggio e la trasparenza sulle risorse pubbliche trasferite ai Comuni, il contrasto all’evasione fiscale e contributiva, attenzione alla sicurezza e legalità. Un approccio dedicato e specifico alle aree interne, laddove la presenza di piccoli agglomerati abitativi distanti dai grandi centri rende ancora più complicato intervenire sulle disuguaglianze sociali, sugli aspetti sanitari e sul diritto alla mobilità.
Attraverso le sedi dello Spi abbiamo creato uno sportello per i servizi socio sanitari. Tra i molteplici servizi garantiti, lo Sportello Sociale si occupa di segnalare le agevolazioni fiscali e tariffarie, spiegando come farne richiesta; di mettere il richiedente in contatto con associazioni e uffici specifici; di sollecitare le Istituzioni territoriali; di semplificare la vita di singoli o nuclei familiari; di fornire assistenza dal sostegno alla non autosufficienza, ai ticket sanitari, al canone RAI, ai bonus per il caro bollette, ai bonus affitti, all’accesso alle RSA, ai diritti abitativi.
Lo sportello sociale indirizza ai servizi interni del Patronato INCA, al CAAF, all’Ufficio Vertenze e mette in contatto con le Associazioni convenzionate come AUSER, Federconsumatori, SUNIA. Una ulteriore valorizzazione e messa a sistema del nostro mondo di servizi CGIL così articolato e gestito da operatrici ed operatori, volontarie e volontari, preparati.

I compiti della CGIL per i futuro
Compagne e compagni
Ci aspetta una stagione di lotta impegnativa e difficile. Dobbiamo lottare per far aumentare i salari e riformare il fisco. Nell’emergenza prodotta dalla crisi energetica bisogna far porre un tetto al prezzo del gas, far fermare le speculazioni finanziarie, tassare gli extra profitti per redistribuirli a lavoratori e pensionati. Inoltre, la crescita dei salari è un obiettivo da perseguire nei Contratti Collettivi Nazionali che vanno rinnovati con adeguati aumenti che vadano oltre l’inflazione effettiva e rinnovati nei tempi corretti penso al CCNL della vigilanza privata e servizi fiduciare che sta aspettando il rinnovo da 7 anni…Vergogna !!!!. Per fare crescere il netto in busta paga bisogna aumentare le decontribuzioni sui salari, indicizzare le detrazioni per lavoro dipendente e pensioni, aumentare il valore e la platea della quattordicesima.
E’ necessaria un vara riforma fiscale progressiva e ridistributiva, come richiesto dalla piattaforma unitaria Cgil, Cisl e Uil. E’ anche maturo il tempo di rivendicare al Governo un provvedimento legislativo che assegni valore “erga omnes” ai Contratti nazionali firmati dalle Organizzazioni più rappresentative. Il salario minimo, sulla base del trattamento economico complessivo definito dai Contratti nazionali, è uno strumento utile e positivo per superare il lavoro povero e le basse retribuzioni.
Basta con la precarietà! E riduciamo gli orari di lavoro. Una precarietà che penalizza in particolare giovani, donne, Mezzogiorno e migranti. Dobbiamo batterci per una nuova legislazione che superi il job act, cancelli le forme di lavoro che negano dignità e favoriscono sfruttamento, affermi un nuovo Statuto dei Diritti per i lavoratori.
La riduzione dell’orario di lavoro e parità di salario finalizzata all’occupazione e a un diverso rapporto tra tempi di lavoro e di vita deve diventare un tema centrale dei Contratti Nazionali e delle contrattazioni aziendali.
La lotta per la legalità nel lavoro significa battersi contro le mafie, il capolarato, il lavoro nero e grigio. Prevenzione, formazione, salute e sicurezza in tutti i luoghi di lavoro sono per noi obiettivi centrali. Serve un deciso intervento sulla catena degli appalti e dei subappalti, rendendo effettiva ed esigibile la clausola sociale e l’applicazione dei contratti nazionali, la pensione anticipata per chi fa lavori usuranti e gravosi. Pensione di garanzia per i giovani. Le imprese che godono di sostegni pubblici devono essere vincolate ad investire in sicurezza, va fortemente incrementato il numero degli ispettori e potenziati i servizi di medicina del lavoro sul territorio.
Bisogna garantire le risorse necessarie al funzionamento dei servizi pubblici ed assumere a tempo indeterminato le migliaia di precari che fanno funzionare scuole, uffici pubblici, sanità, assistenza. E’ necessario aumentare il finanziamento al Servizio sanitario nazionale, il rafforzamento dell’assistenza territoriale. Bisogna dare vita a politiche inclusive per le persone con disabilità e garantire piena integrazione sociale e lavorativa per i cittadini migranti. Sono necessari strumenti di contrasto alla povertà, a partire dal Reddito di Cittadinanza. Bisogna tornare ad investire sulla scuola ed sul sistema formativo pubblico nel suo compresso, per garantire il diritto universale alla formazione ed una formazione di qualità.
L’assetto ereditato dalla legge Fornero ha costruito un sistema rigido e privo di solidarietà. E’ necessario dare seguito alle proposte contenute nella piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil, finalizzata a un cambiamento radicale dell’attuale assetto delle pensioni. Dobbiamo ricostruire un sistema previdenziale pubblico, solidaristico ed equo, che unifichi le generazioni e riconosca le diverse condizioni lavorative.
E’ in gioco il futuro industriale e con esso la quantità e qualità del lavoro della nostra società. Sono tante le crisi industriali aperte e non si può lasciare il nostro sistema produttivo in mano alle scelte dei fondi finanziari e multinazionali. Le grandi transizioni ambientali, tecnologiche, demografiche, richiedono un cambiamento profondo degli indirizzi di politica economica e sociale. Servono politiche del lavoro, investimenti in mobilità sostenibile, nel trasporto pubblico, nelle infrastrutture materiali e digitali, nel risanamento delle periferie urbane e delle arre interne. Serve un nuovo modello di sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
La piena e buona occupazione è un nostro obiettivo, concreto e raggiungibile. E’ il completamento necessario di un cambiamento di paradigma economico e di una trasformazione del modello di sviluppo e di società.
Come Cgil proponiamo la costituzione di una Agenzia per lo sviluppo che definisca priorità, costruisca e qualifichi le filiere produttive, che accompagni e sostenga le transizioni e riconversioni con strumenti adeguati: ammortizzatori sociali specifici, formazione, redistribuzione e riduzione orari di lavoro.

Conclusioni
Care Compagne, cari compagni
Amiche ed amici
dobbiamo riscoprire, rivalutare, coltivare il valore della militanza, dell’impegno quotidiano, della passione politica. Fare il sindacalista non è un solo un mestiere, ma una vera e propria vocazione laica. E’ essere al servizio delle lavoratrici e dei lavoratori ogni giorno, con capacità di ascolto e di confronto, di comprensione dei problemi, di fornire risposte credibili, di organizzare mobilitazioni e percorsi di lotta. E’ stare dentro le contraddizioni, avere gli strumenti per leggerle e saperli trasmettere. E’ uno sguardo critico sulla realtà, è un progetto alternativo di società. E’ la capacità di mettersi in gioco ed in discussione, a partire dal nostro linguaggio e dalle nostre liturgie.
Il nostro percorso congressuale ne è una dimostrazione: un grande esercizio di democrazia che ha coinvolto migliaia di lavoratrici e lavoratori e centinaia di delegate e delegati. Un percorso unico, che oggi non sono molti a fare. Ho assistito a tutti i congressi di categoria ed ho visto un dibattito alto, franco, costruttivo. Ho visto lavoratrici e lavoratori prendere la parola e raccontare loro stessi ed i loro problemi, fornendo testimonianze, soluzioni e proposte.
Adesso è il momento di agire, di continuare con le nostre vertenze e le nostre mobilitazioni. Il sindacato di strada, quello nei posti di lavoro, di studio, di socialità, nei quartieri può vivere solo attraverso il nostro impegno e la nostra passione. Dobbiamo ricostruire la solidarietà e l’unità dei lavoratori, le vere basi per l’unità sindacale e per il lavoro sindacale. E’ una sfida dura e difficile, ne sono consapevole. Ma abbiamo la voglia e le capacità di affrontarla.

Desidero ringraziare tutti voi, tutta la CGIL. Non con un ringraziamento di maniera, ma dal profondo del mio cuore. Le militanti ed i militanti, le simpatizzanti ed i simpatizzanti, le delegate ed i delegati; l’apparato tecnico e quello politico. Voglio cingere tutte e tutti voi con un grande abbraccio. Tutte e tutti avete contribuito alle nostre battaglie senza risparmiarvi e con grande generosità e competenza. E mi avete sempre supportato e sostenuto, anche e soprattutto nei momenti difficili. Adesso è il momento di guardare avanti, tutte e tutti insieme, facendo tesoro del nostro patrimonio inestimabile di idee, progetti, valori condivisi che è la nostra CGIL.
W la Cgil, al lavoro ed alla lotta!